
Prima delle esequie solenni per i Martiri di Fossoli
Il rito funebre a Carpi
Le salme, una volta esumate, furono adagiate in bare di legno tutte uguali . Il giorno 19 maggio, nel cimitero carpigiano, si svolse il rito funebre celebrato dal vescovo Dalla Zuanna, coadiuvato da don Galavotti, don Grassi, don Gualdi e don Levratti. Nel corso della cerimonia, il porporato non aveva mancato di ripercorrere la storia di quei tragici eventi, ricordando come il suo stesso tentativo di mediazione, volto a scongiurare l’esecuzione, si era rivelato infruttuoso. Tanto più drammatico era stato di conseguenza il significato della sua omelia. Richiamandosi al libro della Genesi, egli aveva ripetuto il passo in cui Dio si era rivolto a Caino dopo che questi aveva ucciso il fratello Abele: “La voce del sangue grida a me dalla terra!”.
Le bare erano rimaste custodite a Carpi fino al 21, quando si era provveduto a traslarle al Cimitero Monumentale di Milano, in attesa dei funerali solenni che sarebbero stati celebrati il 24 in Duomo. Inizialmente, di quattro spoglie mortali, rinchiuse nelle casse n. 27, 32, 39, 50 , non era stato possibile stabilire l’identità, nonostante il CLN, ricorrendo a un comunicato radiofonico diffuso dall’EIAR, avesse deciso di rendere pubblico l’elenco degli oggetti rinvenuti sui corpi, nella speranza di risalire così ai loro proprietari. Le salme, riconosciute più tardi, sarebbero risultate appartenenti a Edo Bertaccini, Ettore Dall’Asta, Ezio Dolla e Pietro Lari. Il 22 giugno 1945, a circa un mese di distanza dai solenni funerali nel Duomo, il signor Aldo Bertaccini, in un suo messaggio inviato al CLN città di Milano, avrebbe confermato che la cassa contrassegnata con il numero 50 conteneva i resti del figlio. Il trasporto della salma di Edo a Forlì era stato a quel punto autorizzato dalle autorità competenti.
La preparazione delle esequie solenni a Milano
Le solenni onoranze funebri rese ai Martiri di Fossoli furono fissate alle 17.00 del 24 maggio 1945 nel Duomo di Milano. Due anni prima, il 9 settembre 1943, i cittadini del capoluogo lombardo avevano assistito – in ben altro clima – a comizi e a entusiastiche manifestazioni di piazza, nel corso delle quali il popolo, sceso in strada, aveva chiesto con forza all’appena costituita “difesa territoriale”, posta al comando del generale Vittorio Ruggero, di essere armato al fine di respingere l’invasore tedesco. In quella specifica circostanza, l’intento dei milanesi era stato quello di voler ricalcare le eroiche gesta delle Cinque giornate del 1848, evento centrale del Risorgimento italiano. Ebbene, in ben diverse circostanze e a distanza di quasi due anni dall’armistizio e di quasi uno dalla strage, il 24 maggio 1945 Piazza Duomo si apprestava ad accogliere i feretri dei Martiri del Cibeno, che, “vittime generose ed eroiche”, stavano per esservi traslate. Insieme alle salme dei sessantasette, c’era anche quella di Leopoldo Gasparotto, che, “sessantottesima” vittima, era stato trucidato circa un mese prima in una zona limitrofa al Campo. L’arrivo di quei “figli” dell’Italia liberata era stato anticipato dal CLN con un manifesto che, datato 20 maggio, era stato affisso sui muri della città per dare notizia degli imminenti funerali.
Per avvertire l’onorevole Luigi Gasparotto, padre di Leopoldo, il 21 l’Eiar, nell’emissione radiofonica delle 20.00, aveva diffuso il seguente succinto comunicato: «Per l’onorevole GASPAROTTO: - Ministro dell’Aeronautica-Roma. Si avverte che la salma del figlio Leopoldo trovasi a Milano e che i funerali avranno luogo giovedì 24 corrente alle ore 17». Il 22 mattina il Vicepresidente del Consiglio Palmiro Togliatti, accompagnato da Luigi Longo e da Pietro Secchia, della Direzione del Partito Comunista italiano, oltre che da Pietro Vergani, della Federazione milanese del PCI, si era recato presso il Cimitero Monumentale. Il leader comunista aveva voluto omaggiare i defunti, deponendo sulle loro bare corone di fiori. La sera dello stesso giorno le salme dal Monumentale, traslate su camionette messe a disposizione dagli americani, erano state allineate all’interno del Duomo. Tre di esse – con le spoglie mortali di Molari, di Ghelfi e di Giovannelli – erano state ricondotte nei luoghi natali; altre cinque – quelle di Passerini, Prina, Arosio, Guarenti e Messa – avevano preso la via di Monza. Quelle rimaste a Milano erano state poste sotto la cupola maggiore della cattedrale. Qui, divise in file e ricoperte di fiori, erano state avvolte dal tricolore. Disposte come all’interno di un quadrato, il cui perimetro era delimitato dai vigili urbani, esse, per tutta la giornata del 23, avevano ricevuto il “reverente omaggio della popolazione”. Soldati e patrioti ex combattenti erano rimasti a vegliarle in posizione di pied’arm, mentre accanto al feretro di Leopoldo Gasparotto rendevano omaggio due uomini della sua brigata. All’intorno, i parenti erano vicini o riversi sulle bare dei loro cari, come “in gramaglie”. Tutta la cittadinanza, nel silenzio straziante di quei momenti, aveva ritrovato “il senso più vero della sua rivolta e della sua liberazione”.
Mons. Corbella, alle 9.30, aveva celebrato un ufficio funebre in suffragio delle vittime. Egli si era anche prodigato a recare assistenza ai familiari e ad accogliere i visitatori. I Caduti erano stati omaggiati dal sindaco Antonio Greppi, intrattenutosi in loco “in un commosso raccoglimento”.
Francesca Baldini